Gentile lettore/lettrice,
questa è la seconda volta che uso il nome “Asterione”. La prima fu per un gruppo interdisciplinare (2002-2010) che raccoglieva persone provenienti dal mondo della psichiatria, della psicologia analitica, della pedagogia e della filosofia, che progressivamente si è sciolto in un’altra associazione di cui faccio parte (BombaCarta).
Ho sempre considerato l’incrocio fra diverse discipline un luogo più interessante rispetto al centro di quelle stesse discipline prese singolarmente. Quello che certo oggi non manca è la specializzazione: manca, invece, drammaticamente la capacità delle discipline di confrontarsi fra loro, di incontrarsi in un dialogo che renda le rispettive competenze fragili e pretenda da loro che si facciano umili (qualità che, invero, una onesta attività di ricerca dovrebbe sempre richiedere).
La pandemia ha messo poi oggi in particolare evidenza la frizione fra le “due culture” (le si voglia chiamare scienze “dure” – come va di moda oggi – e umane, Scienze della Natura e dello Spirito con Dilthey o, alla maniera di C. P. Snow, la cultura dei “natural scientists” e quella dei “literary intellectuals”).
Ne emerge un mondo che conosciamo sempre meglio ma che forse capiamo sempre meno.
Il nome “Asterione” origina da un racconto di J. L. Borges (“La casa di Asterione”, ne “L’Aleph”) che gioca in modo sublime con alcuni elementi:
la ingenuità/genuinità del protagonista, incapace di avere uno sguardo “completo” sul mondo ma non per questo meno desideroso di ottenerlo;
il labirinto, un luogo di stanze tutte uguali e tutte diverse in cui è facile scambiare scenari nuovi per vecchi e viceversa;
il punto di vista, e quanto esso influenzi – a volte quasi determini – la nostra visione del mondo e di noi stessi.
Ho voluto, per questa newsletter, riutilizzare quella denominazione anziché usare il mio nome e cognome nell’auspicio di recuperarne anche lo spirito e pensarmi sin dall’inizio all’interno di una rete di collaborazione e dialogo.
Da Twitter a Substack
Perché dunque Substack? Per via di Twitter. Mi spiego. Twitter è stato a lungo per me una vera e propria casa virtuale per una serie di motivi:
Dal 2009 a oggi mi ha dato modo di sperimentare in prima persona – a volte consapevolmente, altre volte attraverso ragionamenti retrospettivi – molte dinamiche social su cui ho avuto poi modo di riflettere;
La sua forma intrinsecamente pubblica ha aiutato – almeno me – a mantenere distinta la persona reale da quella virtuale;
La struttura dei thread ha costituito una vera e propria forma di scrittura che mi ha personalmente aiutato a riprendere contatto con l’articolazione di un pensiero che fosse sufficientemente complesso da essere interessante ma anche abbastanza semplice da essere accessibile;
I rapporti che ho stretto nel tempo con molti utenti sono reali, concreti e hanno contribuito alla mia crescita umana e intellettuale.
Nell’ultimo anno mi sono reso conto di essermi però impigrito (il mio ultimo thread risale al marzo del 2022), complici anche l’esplorazione di altre forme di espressione (un canale YouTube) e le cose della vita che tolgono tempo ed energie. L’arrivo di Elon Musk – più che un elefante direi un mammut in una cristalleria – è stato infine determinante per il disimpegno dalla piattaforma (non ho chiuso l’account, ma certo non è più quella “casa virtuale” di cui sopra né potrà più esserlo finché sono in atto certe dinamiche).
Va però aggiunto che in questi anni avevo vissuto e mal tollerato anche le limitazioni della piattaforma (da cui questo nuovo medium dovrebbe essere – auspicabilmente – più libero):
L’autocensura: non amo la sovra-esposizione e sono in difficoltà di fronte alle aggressioni organizzate, alle ondate di troll, alle gogne pubbliche. So benissimo come scatenare la polemica (non è difficile) e so che essa genera stuoli di followers – ma non mi piace. Come risultato, mi sono reso conto di aver sempre accuratamente evitato argomenti che potessero far partire un ping-pong fra fazioni agguerrite. Perdendo così diverse occasioni di condivisione e riflessione.
La superficialità: per quanto i thread consentano un pensiero articolato, a volte occorrono uno spazio e un tempo maggiori, una scrittura e una lettura più impegnative. Soprattutto nei casi di cui al punto sopra, un concetto deve poter essere espresso in tutte le sue sfumature e implicazioni senza correre il rischio di essere utilizzato in modo brutale e riduzionista per intraprendere uno sterile batti e ribatti.
Il futuro
Questa newsletter (per cui non prevedo alcun paywall) avrà una cadenza occasionale (anche se cercherò di mantenere un minimo ritmo) e toccherà argomenti in ordine sparso a partire dal mio personalissimo punto di osservazione. Secondo l’estro e gli eventi, si muoverà quindi fra psichiatria, tecnologia (specie in riferimento ai nuovi media e alle nuove tecnologie), immagini (con particolare attenzione alla fotografia), arte e creatività, soprattutto nelle circostanze in cui queste diverse aree si sovrappongono.
La formula si perfezionerà strada facendo (le prime mail saranno decisamente “esplorative”) e sono ovviamente aperto a feedback, richieste, proposte.
Nel frattempo grazie della fiducia e buona lettura.
Cristiano M. Gaston